lunedì 5 marzo 2012

Nel Real Ordine A.L.A.M (A.D. 926)

Informiamo tutti i cultori della tradizione massonica noachide che materiali, eventi, ecc., riguardanti la stessa, si trovano nel blog: real.ordine.wordpress.com

venerdì 2 luglio 2010

'El Hai e il Tetragrammaton

Si rammenta ai Maestri Noachidi l'opportunità di praticare nelle Logge le istruzioni rituali che connettono il Tetragrammaton a 'El Hai. Pur derivando dallo Swedenborgian Rite, che è una tarda e parzialmente decaduta epifania della tradizione noachide, esse incapsulano una delle più efficaci visioni dell'onomastica divina applicata all'esperienza spirituale umana. Le corrispondenze insegnate hanno una valenza "incarnante" di notevole valore, e integrano a dovere l' "ars moriendi" muratoria.

lunedì 4 gennaio 2010

Temi di riflessione noachide in Mircea Eliade

Ai Maestri Noachidi segnaliamo, come oggetto di studio e riflessione, il quinto capitolo del "Tattato di storia delle religioni" di Mircea Eliade dedicato alle acque e al simbolismo acquatico. In particolare, il primo e il quarto paragrafo ("Le Acque e i germi" e "L'Acqua della Vota") per gli stimoli rigenerativi che suggeriscono, nonché, ovviamente, quello relativo a "Il simbolismo del diluvio", che chiude il capitolo, prima di una breve sintesi. Eliade propone una sacrosanta dicotomia tra il "riassorbimento" perdiluviano delle forme e lo "sgretolamento" delle medesime, con i conseguenti "esaurimento" e "spegnimento" della loro vitalità e delle loro capacità creative. Questo sia il focus delle meditazioni noachidi invernali

mercoledì 18 marzo 2009

Il grado di Maestro Noachide nel Sovrano Rito di Elymais

E' con piacere che annunciamo l'integrazione del grado di Maestro Noachide nel Sovrano Rito di Elymais, corpo rituale la cui attivazione è imminente. Il S.R.E., che si ispira all'eclettismo spirituale dell'epoca dei Parti (III sec. a.C - III sec. d.C.), raccoglie una serie di lignaggi massonici tra i quali lo Swedenborgian Rite, l'Antico Rito Noachita (patente della Loggia Heliopolis n. 1 di Londra - Rito di Memphis-Misraim), il Rito Filosofico Italiano, l'Ordre Maçonnique Martiniste di Ginevra, ecc.
I gradi del Sovrano Rito di Elymais sono i seguenti:

Cavaliere dei Mondi Perduti (o di Rimembranza)
Maestro Noachide (o Massone Antediluviano)
Araldo Januale (o Real Guardia di Numa)
Philalethe (o Fratello di Heliopolis)
Maestro Irlandese (o Cantore di Eirin)
Pellegrino della Rosa+Croce (o Filosofo del Cuore)
Buon Pastore (o Architetto della Luce)

sabato 29 novembre 2008

Un interessante volume della Fondazione "Ariodante Fabretti"

E' uscito, a cura di Giorgio Cosmacini e Georges Vivarello, il libro Il medico di fronte alla morte (secoli XVI-XXI), edito dalla Fondazione "Ariodante Fabretti", che già si è distinta per una serie di pubblicazioni di ottimo livello su questioni tanatologiche e per le due riviste - Confini (voci dal mondo della cremazione) e Studi tanatologici - che sponsorizza.
Il libro raccoglie undici saggi (di altrettanti studiosi) che coprono molteplici aspetti del problema: da quelle del contagio mortale (A. Pastore, La morte e la peste. Note sulla trattatistica medica della prima età moderna) all'atteggiamento attivistico dell'Illuminismo nei confronti della morte (M. Sozzi, Il medico contro la morte. L'Encyclopédie e la concezione illuministica del morire nella seconda metà del XVIII secolo); dalle forme di "religione civile" associate al morire (M. Canella, Architetture e ritualità civile della morte. I Templi crematori tra Ottocento e Novecento) ai contesti eutanasici contemporanei (I. Quaranta, Intersoggettività, biopolitica ed eutanasia. Una riflessione antropologica). Ma tutti i contributi meriterebbero d'essere citati, e letti da chiunque voglia capire come nel "passato presente" il fenomeno-morte, da una parte sempre più rimosso o diluito nelle illusioni consumistiche, dall'altra abbia non solo mantenuto, ma persino esteso la sua pregnanza in relazione alle vicende sociopolitiche, agli orizzonti culturali che si sono allargati, ecc.
La veste tipografica del volume, sobria e raffinata, aggiunge gusto a una lettura già di per sé avvincente, ancorché impegnativa sotto il profilo emotivo. Un plauso, dunque, alla "Fabretti", nella quale - giova ricordarlo in questo blog - è attivo Marco Novarino, autorevole studioso di cose massoniche.

Betto Moeller

mercoledì 1 ottobre 2008

Un libro che farà pensare: "La Massoneria verso il futuro", di Fernando Ferrari

E' uscito presso l'Editore Bastogi di Foggia il volume La Massoneria verso il futuro, di Fernando Ferrari. Il testo si basa su una lunga intervista che ho fatto all'autore, il quale ha in serbo - mi pare - valide novità per il Grande Oriente d'Italia, Comunione Massonica di grande rilevanza ma intaccata una certa faziosità (per lo stile e le posizioni espresse da una parte almeno della sua dirigenza), oltre che da derive clubbistiche.
Il libro di Ferrari tocca un gran numero di punti sensibili della vita massonica, dalle qualificazioni per l'iniziazione alla formazione degli Apprendisti, dal ruolo dei Maestri Venerabili alle caratteristiche del governo dell'Ordine. Ognuno di essi è trattato con sagacia, sobrietà e chiarezza. Siamo di fronte a un eccellente programma per la prossima Gran Maestranza del GOI. E se i lettori del libro sapranno cogliere il valore decisivo di certe proposte di Ferrari, non potranno che dargli pieno appoggio, facendo sì che il programma per divenga il programma del nuovo GM. Il GOI potrà così uscire dall'ebbrezza tribunizia in cui è stato sospinto (l'incremento delle domande di ammissione è secondario; la qualità massonica di molte iniziative del GOI è irrilevante, molti eventi potrebbero benissimo essere organizzati da partiti, associazioni di reduci, ecc.) e dagli equivoci di una visione della Massoneria evidentemente distorta, parapolitica. Occorrono più antidoti, su più fronti, contro la "profaneria" invasiva; il libro di Fernando Ferrari può essere uno di essi.

Michele Moramarco

mercoledì 3 settembre 2008

Una svista (o una bugia?) sull'Antico Rito Noachita

Non vorremmo mai occuparci di inezie, né cadere in polemiche vane. Ma abbiamo letto in un vecchio numero di Erasmo, notiziario online del Grande Oriente d'Italia, una commemorazione dell'avvocato Lucio Trevisan in cui si afferma che questi avrebbe introdotto in Italia l'Antico Rito Noachita. Falso.
Il compito di ridestare il Rito (originalmente detto Antico e Primitivo, o Swedenborghiano) fu affidato dal Fratello Desmond Bourke a Michele Moramarco, nel dicembre 1982, in una sala del British Museum, ove Bourke era impiegato. Il Charter, poi, fu intestato e inviato al medesimo Fratello italiano dalla R. L. "Heliopolis" n.1 (Memphis-Misraim) di Londra, garante della trasmissione e della operazione di risveglio, che comportò una rettifica dei rituali e del titolo.
Dopo anni di lavoro di ricostruzione, Moramarco conferì i gradi noachidi a un gruppo di Fratelli, tra i quali Trevisan, nel maggio del 1986. Dunque, Trevisan - ancorché tra i primi recipiendari - non ebbe parte alcuna nella "idea creatrice". Questo è quanto. Peccato che non si possa parlare, riguardo la informazione errata, di semplice svista, perché il commemoratore era persona addentro alle vicende noachidi. L'unica scusante è che, trattandosi di una eulogia - egli ha forse voluto attribuire al compianto Fratello un ruolo che non aveva avuto.
Il deposito della più pura tradizione massonica noachide, arricchitosi nell'ultimo decennio di nuovi elementi e riscontri, resta comunque dove è sempre stato.

E. Robbiati


sabato 26 aprile 2008

Massoneria Antediluviana: un dilemma

Dalla Ship Tavern di Bishopgate (Londra) alle Antiquities... di G. Oliver (1840)



Un giornale di Londra publicò, verosimilmente nel 1726 (lo stesso anno del ms. Graham), un singolare annuncio che invitava i Muratori "creati alla maniera antediluviana" a ritrovarsi per la festa di S.Giovanni Battista presso la Ship Tavern del quartiere di Bishopgate, aggiungendo che l'anno precedente non erano stati presenti Fratelli in numero sufficiente a costituire una Loggia "vera e perfetta". L'annuncio - scoperto agli inizi del '900 dal Fr. Henry Sadler, studioso di cose massoniche, in una miscellanea di ritagli di giornale conservati negli archivi della United Grand Lodge of England, ma non riconducibile a una fonte certa - continuava così:

"Vi saranno numerose istruzioni sull'Antica Massoneria, in particolare sul significato della lettera G e su come e secondo quale procedura i Massoni Antediluviani formavano le loro Logge, mostrando quali innovazioni siano state recentemente introdotte dal Dottore e alcuni altri tra i Moderni, con le loro passamanerie..., lettere mobili, Stelle fiammeggianti...."

Il documento prosegue con una serie di riferimenti a items massonici mischiati ad altri estranei all'Arte, e pretende che a proteggere il meeting da eventuali intrusioni sarebbe stato un membro della Società dei Gorgomons, uno dei tanti effimeri clubs del tempo, e che l'orazione conclusiva sarebbe stata tenuta in stile henleiano (da John Henley, un oratore celebre, quanto discusso, dell'epoca, sacerdote anglicano poi tornato allo stato laicale, ma in qualche modo contestuale qui perché - mi pare che nessuno abbia evidenziato questa coincidenza -assertore di una "liturgia primitiva" e di una reductio ad originem del culto cristiano).

Come notano Knoop, Jones e Hamer in Early Masonic Pamphlets, lo stravagante annuncio non attesta con certezza l'esistenza di un gruppo "antediluviano". Oltretutto, non è neppure certa la data: Henry Sadler, bibliotecario della UGLE, parlò alla Loggia Quatuor Coronati, nel 1910, di quel ritaglio trovato in un album miscellaneo negli archivi della Gran Loggia, ma mentre su altri era segnalato il giornale da cui erano tratti, su quello no, era solo indicato l'anno; fino ad oggi non è stato possibile rintracciare la fonte e avere la certezza che la datazione sia corretta. Dal tono del documento, poi, si potrebbe anche dedurre che si tratti di una forma di mock masonry, non infrequente all'epoca, cioè che uno o più individui intendessero prendersi gioco, in questo caso, delle pretese di antichità che i documenti tardo medievali della Libera Muratoria, richiamati negli Antichi Doveri, accampavano. Ma è pure possibile che, soprattutto per il riferimento al Doctor (così nei circoli londinesi era soprannominato Th. Desaguliers, con J. Anderson l'ideologo della Gran Loggia) e ai Moderns (così gli innovatori sarebbero stati chiamati dai dissidenti Antiens, costituitisi in Gran Loggia autonoma nel 1751), ci troviamo di fronte a una delle prime rivendicazioni di un'Arte massonica fedele all'arcano.

La'idea di una Massoneria antediluviana troverà un paladino nel rev. George Oliver (1782-1867), anche lui sacerdote anglicano e Libero Muratore entusiasta. Nelle sue Antiquities of Masonry, Oliver (convinto che l'Arte fosse "diffusa nei numerosi sistemi di cui è corredato il grande empireo dello spazio universale", dunque preesistente la vita sulla Terra e nota anche agli abitanti di altri mondi) traccia una genealogia massonica integrativa rispetto a quella dei mss. più antichi come il ms. Cooke. In questo, ad esempio, si parlava di Lamech, 7° discendente di Adamo lungo la linea di Caino; vissuto prima del Diluvio, Lamech ebbe due figli dalla moglie Adah, Jubel (fondatore della geometria) e Jubal (fondatore della musica) e due dalla moglie Zillah: un maschio e una femmina (Tubalcain, fondatore della metallurgia e Naamah, fondatrice della tessitura). Essendosi diffusa la idea che le colpe degli uomini sarebbero state sradicate mediante il Diluvio, i fondamenti di tali scienze sarebbero stati incisi su due colonne, una delle quali sarebbe stata poi ritrovata da Hermes, che avrebbe insegnato la muratoria agli artefici della Torre di Babele. La leggenda procede poi con Abramo, Salomone e così via, fino all'Inghilterra del X° secolo con re Athelstan e il principe Edwin. Come si può notare, Noach non è incluso direttamente nella genealogia dell'Arte, in questa traditio che peraltro si concentra sulla "pietra". Ma Oliver va oltre, vede l'Arte nella sua universalità costruttiva e, richiamandosi evidentemente a una lezione affine a quella del ms. Graham, propone questa sequenza: Adam, cioè l'umanità archetipa, ebbe da Dio la conoscenza dell'Arte, che perse in parte con la Caduta; egli ne trasmise i resti ai figli Cain e Seth, ma il primo li pervertì, sviluppandone gli aspetti operativi (costruzione di città, secondo il riferimento biblico), ma smarrendo quelli speculativi, custoditi da Seth che li trasmise a Enoch (al quale Iddio, secondo Oliver che si raccorda qui al filone esoterico ebraico proprio dei Libri di Enoch, diede la misteriosa Parola massonica), e questi a Lamech, dal quale li apprese Noach. Dunque, secondo Oliver la catena magistrale della Massoneria Antediluviana passa per cinque grandi maestri: Adam, Seth, Enoch, Lamech, Noach.
Dei figli di Noach, che ricevettero da lui l'Arte, solo Shem la preservò; Cham la disperse e Japhet la alterò (Oliver si riferisce ai misteri greco-anatolici, di cui l'autentica Massoneria non sarebbe la continuazione, ma semmai il modello originale).

Per quanto fantasiosa (e Albert G. Mackey, nel XXIII° cap. della sua History of Freemasonry, la dismette come lore massonico), la ierostoria tracciata dal rev. Oliver ha alcuni pregi assoluti: 1) reintegra Noach nell'ancestry della Libera Muratoria, rettificando o colmando una situazione singolare: l'assenza del primo uomo chiamato giusto e per questo passato coi suoi attraverso una "morte" rigeneratrice (come il Maestro Hiram), araldo, per il Talmud, di un culto universale fondato su dovere e diritto; 2) celebra il lignaggio di Seth a scapito di quello cainita, che pure nella Bibbia è accreditato di abilità costruttive (v. sopra): occorre deprecare lo spirito cainita che si è insinuato nella Libera Muratoria anche in tempi recenti, ogniqualvolta si è cercato di farla deviare dalla sue essenza spirituale per renderla "operativa" in senso gretto.
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Antediluviani o Noachidi?

A questo punto ci si può chiedere: quale dei due aggettivi, antediluviano o noachide, meglio si attaglia al lignaggio massonico al quale ci riferiamo? E, condizione preliminare perché la domanda sia sensata e la questione sostanziale più che nominale: c'è una differenza effettiva tra le due definizioni?
C'è, ma non comporta che ambedue non funzionino, in modo complementare. Per antediluviana si intende l'Arte Muratoria ideale, edenica, che resiste all'impatto delle degenerazioni (la Caduta) e perviene a noi nella sua purezza integra: è alla base, anzi è il costrutto della natura primordiale, non fàgica, in cui le creature non si uccidevano per cibarsi l'una dell'altra (nel Genesi, Dio dà all'uomo e agli animali "l'erba verde" come nutrimento). Era un'Arte speculativa, poiché l'uomo non necessitava di case o luoghi di culto, quel che si doveva con-creare ("dare il nome", in senso biblico, significa personalizzare) era la vita (per questo El Chai, il Dio Vivente, afferma "facciamo l'uomo a nostra immagine") nelle sue forme macro e microcosmiche, erano forme, colori e suoni nelle loro innumeri combinazioni e trasmutazioni. Tale, nella visione noachide, era l'estensione dell'autorità dell'Adam Qadmon, l'Uomo Antico o Celeste. Noachide designa invece la successiva Arte "restaurativa": l'uomo Noach costruisce l'Arca, la costruzione diviene paradigma di difesa dall'aggressione degli agenti naturali e umani (il ruolo "necrofugo" delle città è evidenziato da Norman Brown ne La vita contro la morte), l'Arte si è solidificata, dalla lavorazione sui modelli ideali si è passati a quella del legno (vegetale) e poi a quella della pietra (minerale), in discesa entro i gradi più densi della manifestazione cosmica, discesa che è parallela alla Caduta ma pure prodromica a una insufflazione, perché si realizzi la meta della Tavola Smeraldina "Così in basso come in alto". In questo percorso, assiale e nel contempo precaria resta la costruzione del grado umano.
Noach è il tipo dell'uomo che si rigenera, ma per il suo status di Adamo terrestre è destinato a ricadere (si nutre di carne, si ubriaca, ecc.); in lui assoluto e relativo restano intrecciati, anche se in quanto 'ish tzaddik egli ha evitato l'aberrazione totale in cui erano caduti gli altri antediluviani. A proposito della alimentazione carnea, che il testo biblico indica come una concessione divina agli scampati dal Diluvio, osserviamo come nella tradizione iranica il re Yima - che con Noach ha in comune l'aver traghettato uomini, animali e piante attraverso quella che, stando alle fonti scritturali avestiche, parrebbe una glaciazione più che un Diluvio, e l'aver istituito una proto-legislazione di portata o intentio universale - sia esecrato per aver indulto all'uccisione di animali per il culto e l'alimentazione. Se riversiamo tale idea nei canali della tradizione noachide (della quale quella iranica è un fattore importante), possiamo leggere la "concessione" divina come presa d'atto d'una decadenza ontologica dell'essere umano, ormai solo remnant - ancorché, con Noach, orientato alla reintegrazione delle primitive virtù celesti - di quel che era stato, doveva essere e doveva/deve tornare ad essere.
In sintesi, ipotizziamo che il titolo di noachide implichi lo stato di Libero Muratore consapevole di dover procedere all'opera di restauro imperniata su tzedakah, ma immersa nelle contraddizioni dell'essere e dell'agire terreni; l'attributo antediluviano, invece, evoca alla coscienza espansa del Maestro Noachide la stazione antecedente, quella in cui si rifletteva ancora, in forma diretta, l'opera creativa di El Chai, l'Iddio Vivente, e la memoria dell'Eden era vivida, non offuscata e sfregiata.
Michele Moramarco

venerdì 25 aprile 2008

I Magi, Gesù e la religione noachide

Il racconto evangelico ci parla di tre saggi d'Oriente - magoi li chiama Matteo 2:1, ossia sacerdoti della religione mazdea, zoroastriana - che resero omaggio a Gesù con oro, incenso e mirra (Mt.2:11). I motivi per cui il Vangelo ci dice questo sono stati interpretati in vari modi. La nascente chiesa cristiana mirava a un' espansione oltre i confini del contesto ebraico, e ad Antiochia, ove la lezione di Matteo avrebbe preso corpo, esisteva una fiorente comunità zoroastriana; l'inserimento della leggenda dei Magi nel tessuto evangelico avrebbe così avuto il senso di una dimostrazione dell'universalità di Gesù, segnatamente della sua messianicità: i discepoli di Zarathushtra attendevano - e ancora attendono - il Saoshyant (soccorritore, salvatore) e Gesù, secondo i suoi seguaci, rappresentava l'adempimento di quella speranza, come di quella degli Ebrei che invocavano il mashi'ach (il discorso sul "Dio sconosciuto" tenuto da Paolo nell'Areopago ateniese, in At.16, avrebbe avuto funzione analoga rispetto alla religione greca). Non dimentichiamo, inoltre, che i primi detentori del Vangelo di Luca furono Marcione e i suoi discepoli, in una ecclesia che certo prefigurava più il dualismo dottrinale e la sobrietà rituale dei Catari del medioevo che non le idee e le procedure del Cattolicesimo.
Ma a questa lettura, che si basa sullo zelo proselitistico dei primi cristiani, se ne affianca una ben diversa, quella secondo cui Gesù sarebbe stato "agente", in Israele, di una fede derivante dall'insegnamento del profeta Zarathushtra. Forse esseno (e la comunità di Qumran, nella Regola di guerra marcava in senso dualistico l'idea biblica della realtà di una ribellione antidivina nel cosmo), Gesù parla dell'"avversario", l'usurpatore che regna con le sue "legioni" sul mondo, in maniera e con frequenza ignote all'Antico Testamento; la storia dell'Ebraismo ha preso atto di influssi iranici nell'Ebraismo post-esilico, e non è un caso che in Isaia l'imperatore Kurush (Ciro) venga messianizzato, in quanto liberatore di Israele che così può ricorstruire il tempio a Gerusalemme.
Le due interpretazioni sono, in una certa misura, compossibili, se si situa l'opera di Gesù, per così dire, in un punto di intersezione ideale tra Persia e Israele. E l'importanza di quella intersezione è attestata dalla persistenza di una traditio del genere nei secoli successivi alla stesura dei Vangeli canonici. Il settimo cap. del Vangelo arabo-siriaco dell'Infanzia, riprendendo l'episodio della visita dei Magi, afferma aver essa avuto luogo "come aveva predetto Zarathushtra", mentre l'undicesimo cap. del Vangelo armeno dell'Infanzia lo riconduce a un misterioso scritto che, dopo l'uccisione di Abele da parte di Caino, Dio avrebbe dato ad Adamo, insieme alla consolazione del secondo figlio Seth. Costui avrebbe ricevuto dal padre quel testo (contentente "una promessa... in favore dei figli degli uomini") poi trasmesso alla sua discendenza, fino a Noach, da questi a Shem, e attraverso il lignaggio di questi, fino ad Abramo. Il capostipite di Israele lo avrebbe affidato a Melkitsedech, il re-sacerdote di Salem (la proto-Gerusalemme), che lo avrebbe trasmesso al suo lignaggio, fino a che, ai tempi di Ciro, il documento sarebbe entrato in possesso dei Persiani (pare sottintesa, qui, l'idea di un premio per la magnanimità dell'achemenide verso il popolo d'Israele). Dunque, in questo apocrifo si pone una genealogia spirituale che collega l'Iran mazdeo non solo a Israele, ma addirittura al ministero spirituale di Adamo, l'uomo-archetipo.

Ma qui vogliamo porci in una prospezione (o in una retrospezione) ulteriore rispetto sia all'una che dall'altra quelle fino ad ora esaminate, ipotizzando che sia ragionevole identificare nella cifra noachide il collante tra i Magi e Gesù. E non sulla pase del passaggio attraverso Noach di una promessa messianica, come ci dice il Vangelo armeno (il quale pure, come quello di Matteo, potrebbe aver inteso utilizzare una ierostoria di quel tipo per predicare più agevolmente il Cristo agli Armeni, che erano di religione zoroastriana), bensì attraverso l'idea della giustizia, tzedakah. Infatti, dopo i Profeti (Isaia 45:8: "Stillate, cieli, dall'alto, e le nubi facciano piovere la giustizia", Michea 6:5: "Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che il Signore richiede da te: praticare la giustizia) è Gesù che in Israele pone al centro della religione la suprema forma della morale: "Cercate prima il regno e la giustizia di Dio..." (Mt. 7:33).
Sì, il rav di Nazareth, secondo la tradizione massonica noachide, si colloca nel lignaggio degli 'ishim tzaddikim, gli uomini giusti e come tali dehni di partecipare dell'essenza divina: una testimonianza di notevole suggestione la troviamo nel rituale del primo dei tre gradi del Rito Swedenborghiano, dove esplicitamente si interpreta l'omaggio dei Magi a Gesù come atto di culto noachide (dunque non idolatrico, ma simbolico):

"Questa antica religione (...) e la sua natura simbolica, sono visibili negli atti dei
Saggi d'Oriente che resero omaggio al Cristo nella Natività. Essi portarono in dono
oro, incenso e mirra, e una stella li precedeva. La stella che li guidava era il simbolo della conoscenza celeste direttrice; l'oro, del bene più puro relativo a Dio (...); l'incenso, profumato e gradevole, del bene secondario rivolto al nostro prossimo; la mirra, del bene inferiore rivolto a noi stessi, e ciò in quanto essa, ancorché preziosa (...), ha un'intrinseca amarezza.
Questi tre doni - a Dio, al prossimo e a noi stessi - costituiscono e tre elementi di ogni culto autentico e (...) di una vera umanità massonica".


Ma secondo una interpretazione cristiana di Gesù - che da noachide non avrebbe fondato alcuna nuova religione né mai avrebbe considerato se stesso figlio di Dio, se non in senso elettivo, o "adozionistico" - Egli avrebbe manifestato la grazia e non la Legge, e la rivelazione più alta di ciò starebbe nelle Beatitudini. Ora, Gesù stesso si presenta come colui che porta a compimento la Legge e, partendo da quella ebraica, la spiritualizza (si potrebbe dire che la chiave del suo ministerio sta nel rendere Legge lo Spirito), dunque la estende fino alla universalità: ecco allora che il semplice precetto mosaico contro l'adulterio diventa nelle sue parole un monito a neppure atteggiarsi in modo da suscitare in sé o in altri la tentazione a commetterlo (Mt. 5:27-28). Certo, nelle Beatitudini vi sono i passi sul non opporsi al malvagio che sembrano lontani dallo spirito noachide, ma a proposito si possono fare le seguenti riflessioni: 1) in altri passi - un solo esempio: la cacciata dei mercanti dal Tempio - Gesù rivela una tempra militante; 2) nella tradizione profetica è previsto che il Messia porgesse "la guancia a coloro che mi strappavano la barba (Is. 50:6-7), ma con l'aiuto di Dio il suo volto sarebbe divenuto "duro come pietra" ; 3) in vari punti del Vangelo Gesù, e nelle stesse Beatitudini (Mt. 5:26) si riferisce alla legittimità delle pene secolari e alla necessità di risarcimento del danno, dunque è chiaro che il suo insgnamento estremo sul perdono ha carattere paradossale; in qualche misura etologico: come tra i lupi in lotto quello che sta per soccombere offre l'area giugulare e ottiene in tal modo di far facendo l'avversario dal conflitto, così l'uomo mostrandosi vulnerabile può ottenere benevolenza e, soprattutto, spezzare la catena della rappresaglia. A questo proposito scrive Ulfat Aziz us-Samad in Islam and Christianity (Sahaba Islamic Press, Kuwait City 1985):
"Questo [l'insegnamento sulla non-resistenza] costituì forse un necessario correttivoalla durezza di cuore e allo spirito vendicativo prodotti dall'osservanza letterale del- l'insegnamento"occhio per occhio, dente per dente", ma può forse essere considerato universale? O essere praticato come come un sano precetto morale in tutti i casi e in tutte le occasioni? La nom-resistenza al male quando il bersaglio del medesimo non siamo noi ma qualcun altro è un segno di codardia e apatia..."

A queste osservazioni potremmo aggiungere che - come si deduce dal Corano stesso, per restare in un quadro di riferimento islamico - le Scritture cristiane potrebbero aver subito, nel corso del tempo, elisioni e alterazioni decisive, volte magari a giustificare - aggiungiamo noi sulla scorta delle acquisizioni della storia della Chiesa - la piega che le vicende ecclesiali, turbolente fin dagli esordi, venivano prendendo, e a sostenere le opzioni dei partiti teologici vincenti. Non è un caso che nel canone non sia entrato a far parte l'antico - ma gnosticheggiante - Vangelo di Tommaso, o quel Vangelo di Barnaba al quale si richiama, per una cristologia alternativa a quella nicena, la tradizione islamica.
Vale la pena, allora, tornare alla dolce ierostoria della Stella, dei Magi e del Bambino e vedere in essa una epifania non solo del divino nell'umano (senza che ciò implichi alcuna idea di incarnazione esclusiva), ma anche della celeste serenità dell'Arcobaleno apparso a Noach dopo il mabbul, ossia del divino nel cosmico.

Michele Moramarco

mercoledì 23 aprile 2008

Noachismo e Hillelismo

L'Hillelismo fu il tentativo di L.L. Zamenhof, l'oculista ebreo polacco ideatore dell' Esperanto, di abbinare alla sua invenzione, mirante al superamento delle barriere linguistiche, dunque alla comunicazione universale, i lineamenti basilari di una religiosità condivisibile dal genere umano. La chiamò Hillelismo, dal rav Hillel, vissuto poco prima di Gesù e passato alla storia del pensiero religioso come un teologo "midollare", interessato alla sostanza della vita morale e religiosa più che ai formalismi, e soprattutto attento alla pratica della regola aurea ("non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te").
Zamenhof codificò l'Hillelismo in un manifesto sintetico, dal quale si ricava un' idea di teismo razionale e minimale, ovvero misurato, consapevole della ineffabilità di Dio e della necessità, per coglierNe i segni, di un approccio unitario mente/cuore, ossia dell'applicazione integrale al vivere di quell'"intelletto d'amore" che conduce alla dimensione sacra per il semplice fatto che da essa discende in linea diretta e congiunta, al punto che se si scorporano i due costituenti di tale apprensione questa viene bloccata, e la facoltà religiosa mutilata in noi. Scrive Zamenhof (Originala Verkaro, Hirt & Sohn, Leipzig 1929, p. 350):
"Con il nome "Dio", io intendo quella altissima Forza... che regge il mondo,
e la cui essenza ho il diritto di chiarire a me stesso secondo le modalità
che mi dettano la mia saggezza e il io cuore...
Come legge fondamentale della mia religione io considero la regola : agisci
con gli altri come vuoi che gli altri agiscano con te, ed ascolta sempre la
voce della tua coscienza..."
L'Hillelismo presenta dunque marcati tratti noachidi. Per quanto concerne il rapporto tra Esperanto e Massoneria, rimando il lettore al secondo volume della mia Nuova Enciclopedia massonica, ma è chiaro che, benché l'affiliazione di Zamenhof all'Ordine non sia provata, la cifra muratoria traspare dall'Esperantismo originario, come rivela il fatto che già nel mitico congresso di Boulogne-sur-mer (1905) i Fratelli presenti si costituirono in quella che sarebbe divenuta la Universala Framasona Ligo.
L'Hillelismo - che in una variante successiva e diluita divenne Homaranismo, traducibile come "umanitismo" (apologia, ismo, dell'appartenenza, aneco, al genere umano, homaro) - non fece presa sul movimento esperantista, per vari motivi (la penetrazione dello stesso in ambiti culturali diversissimi, dall'anarchico al cattolico, restii a omologarsi sotto i làbari di un'idea che per qualcuno era troppo e per qualcun altro troppo poco fideista, le assonanze ebraiche, sia pur d'un ebraismo "seminale", tendente al Noachismo, in un'epoca nella quale il virus antisemita già imperversava nell'Europa orientale) e fu accantonato. Ma non fu una meteora vana: servì, come lievito, a impregnare l'ambiente esperantista e a fargli mantenere una costante tensione all'universalità, dunque alla pace, valore divino, attraverso i due tragici e immondi conflitti mondiali e la miriade di quelli locali, al punto che il movimento esperantista resta tuttora una valida agenzia di peacekeeping.
Malgrado i tradizionalisti guénoniani lo ritengano una delle forme della degenerazione moderna, nell'ottica della Tradizione autentica, che in Noach ha la sua radice, l'Hillelismo (e con esso l'Esperanto) resta un tentativo, inutile dinanzi agli uomini ma glorioso per El Chai, di riforma religiosa intesa come ritorno all'essenza arcana.
Michele Moramarco

domenica 13 aprile 2008

Robespierre e il Noachismo

L'otto giugno (20 pratile) del 1794, un mese e venti giorni prima di essere ucciso, Maximilien Robespierre guidò la festa - da lui voluta - dedicata all'Essere Supremo. Nelle strade di Parigi sfilarono carri e persone, come racconta Henri Guillemin nel bel libro Robespierre politico e mistico: vi era un certo entusiasmo (si era diffusa la convinzione che la "Festa di Dio" avrebbe chiuso il tempo del Terrore), venne bruciato un grande pupazzo di cartapesta rappresentante l'ateismo, mazzi di rose, margherite e fiordalisi erano recati dai deputati all'Assemblea, cori intonavano l'inno all'Essere Supremo, che - pur innalzandosi al Dio universale - conteneva riferimenti al Dio d'Israele, e a Lutero e Calvino come precursori di una vera religione. Era la prima festa teista nella storia dell'umanità e perciò, anche se non ebbe seguito, resta un evento di portata straordinaria. Era stato preceduto dal discorso Sui rapporti delle idee morali e religiose con le idee repubblicane, del 7 maggio, da cui traspariva la sua convinzione che la Rivoluzione dovesse essere lo strumento storico per una rigenerazione spirituale.
Parlando alla Festa dell'Essere Supremo, Robespierre si espresse contro la superstizione ed il clero che aveva, a suo avviso, soggiogato la società ai "tiranni". Poi disse che Dio creò gli uomini perché si aiutassero l'un l'altro e raggiungessero la felicità per mezzo della virtù . "Libertà e virtù uscirono insieme dal seno della Divinità", proclamò l'Incorruptible, perorando poi generosità verso i buoni, compassione per gli sfortunati, inflessibilità contro i malvagi e giustizia nei riguardi di tutti. Altri concetti fondanti uscirono dalle sue labbra: che la Giustizia è un culto a Dio, mentre la falsa preghiera, dettata dal tornaconto, Gli è oltraggio; che la dignità è una dotazione divina destinata a ogni uomo, che ogni cosa buona manifesta Dio stesso o la sua opera, che in Dio e nel pensiero dell'immortalità trova sostegno la fuggevole vita dell'uomo.
In un discorso del febbraio precedente, Robespierre aveva dichiarato: "Noi auspichiamo un ordine di cose in cui le passioni basse e crudeli siano incatenate, e quelle salutari e generose risvegliate dalle leggi... Auspichiamo che nella nostra nazione la moralità sostituisca l'egoismo, la probità il falso onore, i principi sostituiscno gli usi, i doveri le buone maniere, l'impero della ragione sostituisca la tirannia della moda, il disprezzo del vizio quello della sfortuna, l'orgoglio l'insolenza, la magnanimità la vanità, l'amore della gloria quello del denaro..., il merito l'intrigo... Nella Rivoluzione francese ciò che è immorale è impolitico".
Maximilien Robespierre fu troppo dentro la storia, permettendo che la brutalità di questa contaminasse la sua tensione alla trascendenza. Ebbe certo delle colpe, nella conduzione del processo rivoluzionario, soprattutto rispetto alle persone (anche se le sua identificazione, tout court, col Terrore, è discussa sul piano storioco), ma non è in dubbio la sua buona fede, la sua premura per le sezioni più indigenti del popolo francese e la sua coerenza: anche all'apice del potere, l'Incorruptible visse in maniera sobria, abitando nella casa di una modesta famiglia parigina. Nella sua testimonianza, dunque, si colgono tracce noachidi, che del resto si ritrovano nel più mite Pierre-Joseph Proudhon, il riformatore francese attivo alcuni decenni dopo la morte di Robespierre, che ne La Justice dans la Revolution et dans l'Eglise chiamava la Giustizia "dio della coscienza", "realtà suprema", "sommo principio" e scriveva, quasi come catechesi:

"- Che cos'è la Giustizia?
- L'essenza dell'umanità.
- Che cos'è stata la Giustizia finora, a partire dal principio del mondo?
- Quasi nulla
- Che cosa deve diventare?
- Tutto..."


Michele Moramarco


sabato 12 aprile 2008

Il Nome di Vita

Dei Nomi Divini presenti nella tradizione ebraica, i Maestri Noachidi utilizzano nelle loro tornate El Chai (Iddio Vivente), quello che meglio risponde alla pienezza spirituale e all'effusività del Padre Celeste.
Ma in questa lettura vitale e fausta di Dio, essi vanno oltre, interpretando ha-Shem, il nome più sacro agli Israeliti (il tetragramma JHVH, che viene pronunciato 'Adonai, Signore, ogniqualvolta lo si incontra nel testo biblico) come arco vitale (analogo all'arco tra le nubi apparso dopo il Diluvio). Anche nel Rito Swedenborgiano, che incista un nucleo noachide, si trova questo insegnamento:

"Il Nome Ineffabile consiste di tre suoni, che non vengono mai perfettamente sussurrati se non quando si imita la prima inspirazione alla nascita, l'atto del respirare o di soffiare, l'ultima espirazione alla morte, a denotare Colui che era, che è e che sarà...".

L'approccio noachide al Tetragramma integra l'intuizione qabbalistica secondo la quale Yod rappresenta il principio attivo, He quello ricettivo e Vav la loro congiunzione che genera la seconda He, matrice cosmica. Nella Qabbalah luriana tale assunto era il fondamento della sacralità del matrimonio e dell'obbligo di non profanare la congiunzione uomo-donna con la lussuria, la promiscuità e l'adulterio.
L'interpretazione "vitale" di ha-Shem lo connette al Nome zoroastriano del Signore, Ahura (che viene da ahu, il principio cosmico/vitale) e alla Prima Vita del Mandeismo.

Michele Moramarco

domenica 6 aprile 2008

I tre grandi Articoli di Noach

Nella sua seconda edizione delle Costituzioni (1738) della Gran Loggia di Londra, il rev. James Anderson, oltre a sostenere, nel charge I, che un Libero Muratore è obbligato dalla propria condizione a seguire la Legge Morale "as a true Noachida" (queste ultime parole non essendo incluse nella fomulazione del 1751), aggiunge poco oltre, a conferma dell'universalità etico-religiosa invocata dalla Libera Muratoria speculativa, "for they all agree on the three great Articles of Noach, enough to preserve the Cement of the Lodge" ("poich'essi tutti concordano sui tre grandi Articoli di Noach, sufficienti a preservare il Cemento della Loggia").
Ora, è noto che le Leggi di Noach sono sette (ancorché il loro numero non sia unvocamente stabilito in tutte le fonti ebraiche: secondo la Genizah del Cairo sono trenta). A che si riferiscono, dunque, i "tre grandi Articoli"?
Una risposta ci viene dal valido libretto di Aaron Lichtenstein The Seven Laws of Noach (uscito in Italiano per i tipi delle edizioni Lamed, Milano s.d.). Interpretando un passo di Menachem Azariah da Fano in una sua opera uscita ad Amsterdam nel 1649, Lichtenstein dimostra che secondo una tradizione i sette precetti noachidi si compendiano in tre, fondanti: proibizione dell'idolatria, dell'assassinio e dell'adulterio. In termini massonici, si nota una corrispondenza tra i tre Articoli, come li chiama Anderson con linguaggio giuridico settecentesco, e le "sfere" di vita nelle quali si muove la coscienza del Libero Muratore: la divina, l'umana e la naturale. Idolatria è negazione del rapporto con Dio, assassinio è negazione del rapporto con l'uomo, adulterio (con gli altri rapporti sessuali illeciti: sodomia, incesto, ecc) è negazione della natura, prima ancora che dei patti sociali. Vale la pena di notare come anche nello Zoroastrismo l'adulterio sia considerato grave più del furto (che non è incluso nei tre grandi articoli di Noach), nell'ordine delle colpe.
Purtroppo le Costituzioni del 1738 - fors'anche per l'eccessiva tenedenza di Anderson a rivedere, interpolare, escrescere i documenti che gli venivano sottoposti per l'editing - rimasero, come scrive Coil nella sua Masonic Encyclopedia , "lettera morta", e prevalse la più blanda versione del 1723. Ma resta significativo il fatto che la Gran Loggia d'Irlanda le pose a proprio fondamento nel suo Book of Constitutions del 1751; di lì a tre anni Laurence Dermott le avrebbe recuperate nell'Ahiman Rezon, testo-guida degli Antients, i Liberi Muratori che si richiamavano con più forza alla tradizione.

Michele Moramarco

Mandei e Noachismo

Il Mandeismo è una delle "religioni della Luce". Si fonda sulla visione del cosmo come luogo di conflitto tra la Luce (nhura) e le tenebre (hshuka), concepisce Dio come Prima Vita o Padre della Grandezza, dal quale sgorgano entità luminose ('utria, o malkia) e lo Iardna (Giordano) Celeste, una sorta di fluido eterico in cui si bagnano quelle entità per rigenerarsi perennemente. Interpreta la creazione come opera di un demiurgo, Ptahil, che, pur inviato dalla Prima Vita, non riesce a contrastare adeguatamente l'azione corrosiva delle "acque tenebrose". Descrive l'ascesa delle anime liberate attraverso una serie di "sfere" fino al mondo della Prima Vita; proclama suo profeta l'enigmatico Manda d-Hiia, che come bambino di tre anni si presenta a Giovanni Battista (a sua volta proto-profeta della comunità) per essere battezzato, suscitando splendore e meraviglia in tutto l'universo all'atto dell'immersione; predica la gnosi divina - intesa come consapevolezza dell'origine/dstino dell'uomo - e la purificazione costante come mezzi di risalita al Cielo. E' un peccato che una fede così alta negli assunti presenti poi delle scorie oscure, ad esempio gli attacchi alla figura di Gesù come falso messia (identificato addirittura con Nebo/Mercurio), in parte spiegabili come una reazione difensiva all'aggressività proselitistica della Chiesa, e l'inclusione nei rituali di sacrifici animali, evidentemente ereditati da tradizioni preesistenti e incongrui con lo spirito profondo del Mandeismo, che è nostalgia del candido Cielo. Ma, si sa, il male si insinua anche nelle idee più nobili.
La comunità mandea originaria della Mesopotamia, conta oggi poche migliaia di anime, che vivono soprattutto nell'area di Bassora, Iraq meridionale; il rischio di estinzione, aggravato dalle tragiche vicende recenti di quell'area geopolitica, è notevole. Vi è tuttavia una speranza di ripresa nelle attività della diaspora, presente in vari paesi.
Nel 18 libro del Ginza ("Tesoro"), il testo sacro mandeo. è trasmessa - con alcune varianti antropologiche rispetto alla vesione biblica, e perfino con divagazioni astrologiche - la saga diluviana. Nu (Noach) vi appare come padre di Shum (Shem), puro capostipite dei Mandei.
Ma la fenomenologia dei rapporti tra Mandei e Noachidi non si ferma qui. Anzi, l'elemento comune più marcato non sta tanto nell'ascendenza mitica, quanto nella "battesimalità": i Mandei praticano con alta frequenza il mashbuta, l'immersione in un corso d'acqua che mira a riprodurre quella degli 'utria nel Giordano Celeste. Ora, è evidente che il rivivere ritualmente da parte dei Maestri Noachidi la vicenda diluviana ha una valenza analoga, la determinazione di un processo di rigenerazione costante (nel tempo) e perenne (oltre il tempo). E una comunanza è attestata anche nell'esito del percorso: se i Noachidi intonano il cantico dell'Arcobaleno per ri/evocare la vittoria divina sulle forze del male simboleggiata dal Sigillo di Luce, tra i Mandei è diffusa questa preghiera, che celebra la Sovranità della Luce":

Lode al Signore dei Re (Angeli).
Nulla sarebbe se Egli non fosse.
Egli non è legato da morte
e distruzione nulla significa per Lui.
La Sua Luce illumina i mondi.
La Sua Gloria non ha limite.
Egli è ricolmo di Vita e
Verità,
di Grazia e di Saggezza.
La Sua Luce è inestinguibile,
in Lui non è mancanza,
Egli è Dolcezza in cui non è amarezza.
Il Sublime è sicuro nella Sua Dimora
e tutto sovrasta, come il cielo le montagne,
come il Sole una lucerna Egli oltrepassa ogni splendore.
(Ginza R., 1,5 e ss.)

Michele Moramarco

[l'uso non autorizzato degli scritti di questo blog sarà perseguito ai sensi delle norme vigenti]

mercoledì 12 marzo 2008

Il ms. Graham e la Parola Perduta

Nel secondo foglio del Manoscritto Graham (1726) si trova la gemma più preziosa della Libera Muratoria, ovvero la parola sostitutiva di quella perduta (la lingua cosmica). I Maestri Noachidi dispersi sulla Terra possono riconoscerla e mediante quella riconoscersi pari. Per i falsi massoni, gli usurpatori, il testo non presenta che foschia. Per gli studiosi vacui, privi di "intelletto d'amore", è solo un puzzle sconnesso.
Nel ms. Graham si narra che Shem, Cham e Japhet cercano attorno alle spoglie del padre Noach

"if they could find anything ffor to Lead them
to the vertuable secret which this femieous preacher had for I hop all will
allow that all things needful for the new world was in the ark with Noah"

La loro ricerca si "decompone" nella corporeità di Noach, che nella versione del Graham ms. è evidentemente il prototipo di Hiram, talché si può ben ipotizzare che la leggenda hiramica, attestata intorno al 1730 (e accennata nel foglio 3 del ms.), affondi le sue radici nella traditio in questione e perciò a questa debba risalire se si vuole che il grado di Maestro veicoli la virtus massonica. Ma i tre figli tornano dall'impresa in apparenza assurda e fallimentare portando con sé il segreto della Libera Muratoria

"...it is to be beleiven but allso understood that
the vertue did not proceed from what they ffound or how it was called
but from ffaith and prayer...".

Dopo il greip vano, i figli del Patriarca afferrano una sostanza sottile, il working tool col quale esplorare il mistero della vita. E' il filo a piombo spirituale, salendo lungo il quale si consegue la trascendenza, e così si saltano gli abissi del diluvio e della storia (per qualche verso, il diluvio è la storia). Così il ms. Graham passa dalla Mesopotamia all'Euopa del VI° sec. d.C., precisamente al regno longobardo di Alboino, sotto il quale fa nascere un santo architetto, Bazzaliell, il cui nome in realtà corrisponde al tredicesimo Vegliante nel Libro di Enoch (Bezaliel, "danneggiato", uno degli angeli caduti). In lui converge, secondo il ms., la scienza muratoria: è dunque un percorso di ricostruzione (reintegrazione) quello che viene evocato, e ad esso partecipano i fratelli minori del malefico re Alboino, i quali anelano a essere istruiti nell'Arte, formano con Bazzaliell un triangolo e infine acconsentono a seppellirlo nella valle di Jehosaphath, la valle della resurrezione. Così si compie la reintegrazione della "regalità", guidata dal sacerdozio spirituale abbinato all'Arte Muratoria


Michele Moramarco

martedì 12 febbraio 2008

Il principio era la fine: riflessione su Isaia 65:17-25 e sulla IV.a Egloga di Virgilio

La visione del Regno di Dio (con l'invocazione del suo avvento) è l'imminenza perenne che anima i Veglianti, garanti del lignaggio noachide della Libera Muratoria. Una eco dell'escatologia fondante del Noachismo massonico si trova nel 2° grado dell'A.R.N., il cui adattamento (dal cosiddetto Rito Swedenborghiano) tra il 1982 e il 1986 costituì, però, solo il prologo all'opera di restaurazione noachide che si è ricollegata, per grazia di Dio e molteplici apporti dall'Oltre, alle Costituzioni del 1738, al ms. Graham e alle cifre noachidi medievali. Vi si cita il seguente passo:

"Poiché, ecco, io creo nuovi cieli e una nuova terra.
Gioite, sì, esultate in eterno, per quanto io sto per creare (...)
Là non si udranno più voci di pianto, né grida d'angoscia (....)
Il lupo e l'agnello pascoleranno insieme
e il leone mangerà il foraggio come il bue" (Is. 65: 17-19)

Il divino desiderio - la cui assenza squalifica in modo assoluto il pretendente all'iniziazione muratoria - assume, in Roma, la forma dell'attesa del nuovo Numa rex, il Fanciullo Divino, personalità rigeneratrice e davvero legislatrice della natura (per cogliere la fecondità di questo nucleo archetipico e il suo substrato spirituale, resta importante il volume Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia di C.G. Jung - K. Kerenyi)

"Già ritornano i regni di Saturno (...) e il mondo sarà sciolto dalla paura perpetua .
Egli (il Divino Fanciullo) reggerà l'universo pacificato dalla virtù (...)
E gli armenti non temeranno i grandi leoni (...)
La campagna poco a poco biondeggerà di tenere spighe (...)
e le solide querce stilleranno miele come rugiada (...)
e anche il forte aratore scioglierà i gioghi ai tori (...)
Guarda, tutto gioisce per il secolo che viene (Egl. IV, 4-46)

Il testo di Virgilio è di qualche secolo posteriore a quello di Isaia ma, certamente senza averlo "copiato", esprime la stessa arte trascendentale, evocatrice di tsedakah e shalom. In un caso e nell'altro (anche se in Virgilio ciò appare più evidente) si tratta di un ritorno alla divina origine della Creazione: "ritornano i Regni di Saturno" (cioè la mitica "età dell'oro"), mentre i "nuovi cieli" e la "nuova terra" di cui parla Isaia sono la rinascita del gan eden, il giardino paradisiaco di cui si parla in Genesi.
Vivere nell'imminenza perenne - equivalente temporale di quello che è, sul piano spaziale, il pellegrinaggio alla Sorgente - è una delle istruzioni della Loggia Noachide

Michele Moramarco

domenica 10 febbraio 2008

Il vasaio di Penns Creek

Il periodico statunitense Universalist Herald del dicembre 1996 conteneva un articolo importante per i Maestri Noachidi. Si intitolava Sharing the Power of Creation ("Condividere il potere della creazione")e consisteva in un'intervista a un artigiano vasaio di Penns Creek, Pennsylvania, un uomo che aveva scelto un mestiere antico (e arcano: Guénon ricorda il rapporto tradizionale, potremmo dire etimo-fenomenologico, tra mestiere e mistero).
Il concetto intorno al quale ruotava l'intervista, e che i Maestri Noachidi devono testimoniare, è il seguente: uno degli scopi primari dell'esistenza umana è condividere l'atto creativo del Supremo Patriarca dei Mondi, sia trasformando la materia in forme viventi (artigianato, lavoro industriale ma solo se sottratto all'alienazione, dunque non parcellizzato e/o oppressivo), sia parlando parole viventi (filosofia e poesia, allorché ancorate alla vita divina e non autoreferenziali, come accade di frequente nella modernità), sia ancora generando e accorpando suoni viventi (musica autentica, sorgiva).
Il lavoro creativo e perfettivo (a questa seconda categoria appartengono anche le abilità riparative : sanitarie, assistenziali ecc.), compiuto compiuto con onestà ed empatia, è una strada maestra verso la dimora del Supremo Patriarca dei Mondi

Michele Moramarco

sabato 9 febbraio 2008

Pitagora noachide

Pitagora, con re Numa, è uno dei maestri spirituali della Libera Muratoria. Lo è sia in quanto proto-cultore della filosofia (e assertore delle basi amicali, o fraterne, della stessa), sia perché iniziatore di una via spirituale in cui la geometria - come nella via massonica - diviene codice sacro. Ma Pitagora entra pure nel patrimonio numinoso della Libera Muratoria per il suo culto della giustizia, che ne fa un anello della catena noachide. Egli studiò i moti planetari, udì e ascoltò la musica delle sfere e praticò l'armonia musicale come tecnica di assestamento del "corpo sottile" dei discepoli.
Stabilitosi a Crotone probabilmente nel 532 a.C. (corrispondente nell'antico calendario greco alla 62.a Olimpiade), nei suoi primi discorsi ai giovani - secondo la notizia giamblichea - li incitò a coltivare il pensiero

"Quale assurdità, mentre si considera il pensiero la realtà più importante
e col suo aiuto si giudica tutto il resto, non volere spendere né tempo né
fatica per esercitarlo... L'educazione dello spirito, come gli uomini onesti,
resta fedele fino alla morte, e anche dopo la morte apporta gloria immortale".

Nel celebre discorso al Consiglio dei Mille, l'assemblea rappresentativa della città, Pitagora, che era devoto ad Apollo, deità della Luce, affermò:

"Vi consacrerete, più che a ogni altra cosa, al culto della giustizia...
Colui che non compie il suo dovere sia considerato ingiusto nei confronti dell'intero universo...
Per quanto riguarda la donna compagna della vita, considerate che, mentre gli accordi con gli estranei sono conservati nelle tavolette e nelle colonne, quelli stabiliti con esse sono conservate nei figli. Cercate di farvi amare dai vostri figli non per il vincolo del sangue, ma per azioni di consapevole scelta...
La gente non commetta ingiustizie solo temendo la punizione della legge, ma sia indotta alla giustizia per rispetto alla vostra onestà di vita... e per il rispetto dovuto a se stessi"


Dunque chi viola il dovere, che non coincide necessariamente con le convenzioni sociali vigenti, spesso inique e vessatorie, ma piuttosto costituisce la rappresentazione interna della Legge di Dio, pone un paradigma negativo: il suo comportamento potrà contagiare il cerchio delle persone che gli stanno vicine e danneggiare altri, attivando in tal mondo un'onda d'urto capace, virtualmente, di colpire il pianeta. E' l'equilibrio microcosmico a spezzarsi, e per legge d'analogia il macrocosmo, ancorché sottilmente, come in forma d'eco, ne risentirà, allo stesso modo in cui le perturbazioni cosmiche - ad esempio le tempeste solari o le eclissi - hanno effetti sulla vita mentale degli uomini. Deviare dall'intima Legge equivale a imitare un asteroide impazzito.
Ma la cifra noachide in Pitagora si rileva anche considerando il suo rapporto con il mondo animale. Egli, giungendo in Italia, ammansì l'orsa che terrorizzava le popolazioni della Daunia; durante uno dei suoi discorsi edificanti, un'aquila volò spontaneamente su di lui, che dopo averla accarezzata la lanciò in volo. I Maestri Noachidi sanno che la convocazione dei viventi sulla tebah presume il ritrovamento della parola perduta che consente all'uomo di comunicare con il creato. Pitagora era un portatore di quel linguaggio, alla padronanza del quale aspirano i Maestri Noachidi


Michele Moramarco
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martedì 5 febbraio 2008

Dal levar del Sole al suo tramonto...

Mi mitzrach shemesh ad-mebho'o mehullal Shem Adonai...

Ha-shamayim mesap'rim kebhod-El u ma'asé yadav maggid ha-raki'a /
yom le yom yabbi'a 'omer ve laylah le laylah yehabbhe da'at...

I due passi, tratti dai Salmi e presenti nel rituale del Maestro Noachide, invitano alla preghiera assoluta, ossia alla preghiera collocata nell'Eterno (miniaturizzato nel ciclo quotidiano: "dal levar del Sole al suo tramonto sia lodato il Nome di Dio") e nell'Infinito (simbolizzato dagli spazi cosmici: "I cieli narrano la Gloria di Dio e il firmamento proclama l'opera delle Sue mani"). Proiettare l'anelito orante, che manifesta il bisogno umano di Dio, sui quadri dell'Assoluto, equivale in qualche modo a togliergli il carattere di "carenza" che in esso sussiste, a divinizzarlo. E' proprio sulla base di questo processo che nello Zoroastrismo le preghiere (maathra spenta) divengono vere e proprie entità celesti, circolarmente venerate con le preghiere stesse.
Il secondo verso citato dal Salmo 19 (chiamato talora "il salmo degli astronomi") offre poi una splendida visione della Tradizione: "il giorno ne parla al giorno, la notte ne passa conoscenza alla notte". Non solo l'uomo, dunque, trasmette la visione: è l'ethos glorioso tutto a custodirne i nuclei fondanti e a trasferirli oltre, nel domani di Dio, fino alla fine equivalente al principio.


Michele Moramarco

domenica 20 gennaio 2008

Spiritualità della Legge: spunti noachidi in Mazzini

E' in voga l'idea che si possa vivere senza una Legge Morale. Proliferano, come un cancro nel corpo sociale, forme di individualismo becero, peraltro funzionali al progetto di ridurre l'uomo a un consumatore narcisista, in fondo schiavo, un progetto che le signorie mercantili-finanziarie vanno attuando con esiti eclatanti. L'individualismo è intrinsecamente distruttivo perché tende a dissolvere il collante di ogni compagine sociale: la Legge Morale, appunto, che si manifesta in primis nel compimento del Dovere, non quello convenzionale, formale, ma quello che si genera, che si sprigiona nella coscienza in sinergia con le linee generali dei codici religiosi dell'umanità, quello che coincide con la Virtù. Anche in ambito massonico si è insinuata quella degenerazione, talché si sentono talora degli pseudo-massoni, anche vistosamente orpellati, associarsi al coro di quanti rivendicano, contro quello che chiamano spregiativamente moralismo, il diritto alle più aberranti forme di licenziosità, all'esaltazione mediatica della violenza, dell'adulterio, dell'oscenità etc. Penosa situazione per chi si pretende membro di un lignaggio spirituale che dovrebbe essere dedito al culto della Virtù. Giova allora ricordare le parole di Giuseppe Mazzini, che fu al tempo stesso vicino e critico della Massoneria italiana del suo tempo:

"Voi avete vita; dunque avete una legge di vita. Non v'è vita senza legge.
Qualunque cosa esiste, esiste in un certo modo, secondo certe condizioni,
con una certa legge. Una legge d'aggregazione governa i minerali: una legge
di sviluppo governa le piante: una legge di moto governa gli astri; una legge
governa voi (...) Dio è l'unico Legislatore della razza umana" (Dei doveri dell'uomo, cap.III)


Mazzini individua nella Tradizione e nella Coscienza (nonché nell'Educazione, che in fondo è il link bidirezionale che nutre e perfeziona le due) gli strumenti per comprendere e applicare la Legge divina, e nell'Umanità ideale (che egli pensava potesse edificarsi mediante l'educazione), l'interprete e l'organo della medesima.


Michele Moramarco

mercoledì 16 gennaio 2008

La forma della Loggia Noachide

La Loggia Noachide ha la forma seguente: la base è costituita da un rettangolo (o quadrato oblungo, secondo la lezione tradizionale), simbolico del quaternario materiale; sul lato orientale si apre un triangolo, che rappresenta la prua dell'Arca e la risalita all'Unità divina; nel soffitto è ricavato il cerchio celeste, il luogo dello Spirito.
L'orientamento della Loggia, dunque, è verso l'est, ancorché il periplo marittimo di Noach si sia concluso a Occidente. L'atopismo (che è, in realtà, utopismo) della opzione simbolica segnala la "universalità" dell'Oriente spirituale.

Michele Moramarco

lunedì 14 gennaio 2008

L'arcobaleno, Dio e gli Amesha Spenta

L'ottimo sito http://www.zarathushtra.com/ ospita un saggio sul "Buon Imperio" scritto dal sacerdote-capo della comunità zoroastriana di Chicago, Kersey Antia. Per i Maestri Noachidi esso è di grande interesse, in quanto Antia interpreta l'arcobaleno come simbolo della Divinità stessa, entità unica e nel contempo plurale (secondo quella forma perfezionata del monoteismo che è l'enoteismo). Parlando degli Amesha Spenta (Asha/Verità- Bahman/Buon Pensiero- Armaiti/Dedizione, Shahrevar/Buon Imperio, Khordad/Salute, Amardad/Immortalità), che nella tradizione zoroastriana sono sia entità emanate da Ohrmazd (il Saggio Signore, Dio), quanto personificazioni di Sue qualità, Antia scrive:

"I sette Amesha Spenta sono come i sette colori dell'arcobaleno - possono essere separati, ma sono parte di uno stesso fenomeno. Come i colori dell'arcobaleno, se li fondete essi formano una sola entità - luce bianca - spenta mainyu, che può rappresentare la divina essenza di tutti i sette Amesha Spenta....Per Zarathushtra vedere e realizzare Dio equivale a vederlo e realizzarlo nella Sua bella gloria simile all'arcobaleno, poiché nessun singolo attributo può compiutamente descriverLo".

Sette colori, miriadi di goccioline (come miriadi sono i fravahr, gli incontaminati modelli divini di ogni creatura): nell'arco tra le nubi (come lo chiama il libro della Genesi ) il mistero del'Unità molteplice si riflette e si manifesta. Ogni volta che ne appare uno, il Maestro Noachide si rivolge a Dio cantando i versetti dell'Inno celeste

Michele Moramarco

giovedì 10 gennaio 2008

Sull'alchimia vegetale nella Loggia Noachide

In un precedente messaggio si è fatto riferimento alla preparazione delle essenze vegetali nel lavoro noachide. Essa costituisce tanto una procedura simbolica quanto una tecnica operativa, l'una e l'altra corrispondenti in verticale a lunazioni e stazioni solari. L' opera, scandita dai plenilunii, inizia nell'equinozio di primavera e si compie in quello d'autunno. L'alchimia vegetale, spagirica, radicata nella fitoterapia del Medioriente antico, si innestò nella Libera Muratoria durante il passaggio dall'Arte operativa a quella speculativa (secc. XVI-XVII). Il tramite è quello, duplice, della terapeutica analogica paracelsiana e fluddiana. La distillazione dell'essenza G avviene nell'angolo nord-est della Loggia, quella dell'essenza E lungo la parete ovest, quella dell'essenza Z lungo la parete sud. L'opera è preceduta dai canti dei Veglianti e accompagnata dalle opportune sequenze rituali. Essa svolge e racchiude le valenze terapeutiche dell'Arte Massonica. Mederi: una sola forma verbale sta all'origine di medicina e misura.

Michele Moramarco

mercoledì 9 gennaio 2008

Definizione noachide di Giustizia

La Giustizia (tzedakah) consiste nell'equa ripartizione dei beni spirituali e materiali stabilita da El (la Divinità) dinanzi all'assemblea universale degli Spiriti, all'alba della Creazione, e violata da entità avverse, delle quali sono alleati gli empi. Senza di essa non v'è pace cosmica.
La Giustizia (tzedakah) si fonda sul Dovere, legge intima dell'uomo.
La Giustizia (tzedakah) si manifesta nel Diritto sociale, entro il quale soltanto si configurano e si realizzano quelli individuali.

(dal Raccolto Noachide, a cura di Michele Moramarco)

Donna e Noachismo massonico

Nel lignaggio massonico noachide, secondo la Tradizione perenne, la presenza femminile è contemplata, ma non nei quadri dell'Arte Muratoria, ove rappresenterebbe una grottesca inversione, bensì in quelli dell'Arte della Tessitura che si richiama alla figura biblica di Neemah. Non esiste, allo stato, alcun Ordine Noachide di Libere Tessitrici, ma allorché dovesse costituirsi i suoi lavori rituali potrebbero svolgersi entro la Tebàh, in modo santificato, ossia separato (secondo il duplice significato di kadosh) da qualsivoglia commistione o promiscuità. Tutti i Noachidi si ritrovano, poi, nelle Celebrazioni.

Michele Moramarco

martedì 8 gennaio 2008

Convocazione Noachide, ottobre 2008

Si terrà a Reggio Emilia, in ottobre, la prima Convocazione Noachide, alla quale possono partecipare i Maestri Liberi Muratori disponibili a sottoscrivere le Sette Leggi (compendiate dai Tre Articoli) di Noach, o interessati a conoscerle. Sede e data della Convocazione saranno fissate sulla base del numero e delle necessità temporali dei partecipanti e comunicate prima dell'estate su questo blog. I M.L.M. postulanti possono scrivere al mio indirizzo di e-mail: moramarco.m@libero.it.
La Convocazione si terrà nel periodo della Festa Noachide di Yayin (coincidente con il Mehragan zoroastriano). La preparazione delle essenze inizierà all'Equinozio di Primavera con i canti dei Veglianti

Michele Moramarco

lunedì 7 gennaio 2008

giovedì 3 gennaio 2008

Noach e gli altri (Ziusudra, Utnapishtim, Yima, Manu e Deucalion)

Nel messaggio precedente si è parlato delle valenze universaliste del Noachismo massonico. Non è un caso, allora, che il grado unico di Maestro Noachide - che completa e corona quello di Maestro Libero Muratore nella tradizione massonica noachide - contenga riferimenti alle figure corrispondenti a Noach in alvei cultural-religiosi diversi da quello biblico . La storia degli uomini che sopravvissero al Diluvio è narrata in oltre cinquanta leggende in tutto il mondo. Si tratta senza dubbio del mitologema più diffuso (si ritrova persino tra gli Aztechi e nella Cina antica). Il più antico nucleo narrativo, che si trova in una tavoletta sumera datata intorno al 2600 a.C., ricorda Ziusudra, re di Shuruppak, che avvertito dell'arrivo del diluvio dall'entità celeste patrona delle acque correnti, Enki, costuisce una grande imbarcazione e sopravvive: la salvezza gli è annunciata dall'apparizione del Sole. Successivamente Enlil, il Dio supremo e An (il Cielo) gli conferiscono il soffio immortale e lo trasferiscono sull'Isola di Dilmun, nel Golfo Persico. Nell'epica di Gilgamesh, il poema babilonese databile ai primi secoli del secondo millennio a.C., il re di Shuruppak è chiamato Utnapishtim (all'incirca corrispondente al sumerico Ziusudra: "che ha trovato lung vita"). In questa versione della storia appaiono gli animali da salvare e i volatili (colomba, rondine, corvo) che esplorano l'ambiente esterno alla barca fino a che le acque non si sono ritirate.
Più a Oriente troviamo Yama (o Jamshed), re mitico dell'Iran antico, portatore di sovranità e accrescitore della terra, che secondo il Videvdat, libro dell'Avesta zoroastriano, costruì un var, recinto in cui raccolse il seme di piante e animali, perché il creato resistesse a un terribile inverno (il probabile riferimento è a una glaciazione) annunciatogli da Ohrmazd, il Saggio Signore, anche se causato da Ahriman, lo spirito malefico. In India, il legislatore Manu (ecco il tema della legge che ritorna) è salvato da Matsya, il pesce-avatar di Vishnu (deità conservatrice della vita), il quale, da lui, allevato, gli fa costruire un'arca e lo guida alla "montagna del Nord". Qui, con stringente simbolismo, l'animale coopera in modo decisivo alla vittoria sulle forze della dissoluzione: il messaggio è, come nella vicenda di Noach, l'afflato cosmico della salvezza. Un tema che è incistato anche nel mito di Deucalion, figlio di Prometeo (colui che secondo Eschilo aveva rapito il fuoco per "troppo amore verso i mortali" e aveva simpatizzato con la fanciulla-giovenca Io, come lui sofferente): a salvarsi, oltre a lui, è Megaro, che secondo Pausania, riuscì a raggiungere a nuoto la vetta di un monte, guidato dai gridi delle gru.
La Legge, il Sole, l'immortalità, la coralità della liberazione: sono i temi ricorrenti nel mitologema diluviano. Non sorprende, allora, che il nome Noach sia imparentato alle forme verbali nuach ("aver quiete, riposo") e nacham ("consolare, recare conforto")

Michele Moramarco

Noachismo massonico e B'nei Noach

Negli ultimi decenni si è sviluppato, negli Stati Uniti prima e poi in vari altri paesi, il movimento dei B'nei Noach (Figli di Noach, o Noachidi). Mi è stato chiesto che rapporto esista tra il risveglio noachide in Massoneria e tale movimento. La risposta è che si tratta di una concomitanza significativa, ma non di un rapporto diretto. La formazione dei B'nei Noach appare la risultante di due processi religiosi: 1) la "risalita" alla tradizione ebraica di gruppi e singoli cristiani che, partendo da una onesta rilettura della figura di Gesù come profeta e non "Figlio di Dio", hanno deciso di richiamarsi all'idea talmudica secondo cui i "gentili" (cioè i non ebrei) che seguono le Leggi Noachidi conseguiranno la salvezza nel mondo futuro ('olam ha-ba), senza la necessità di diventare formalmente ebrei; 2) l'orientamento di alcuni circoli "messianici" all'interno dell'Ebraismo (ad esempio, i chassidim Lubavitcher) verso la "raccolta" dei giusti viventi fuori dalla comunità ebraica sotto gli stendardi del Noachismo, nella prospettiva di un imminente avvento del Mashi'ach.
Il Noachismo dei B'nei Noach è dunque talmudico/chassidico e costituisce una forma di Ebraismo allargato; quello dei Liberi Muratori Noachidi è schiettamente universalista. Noach nasce in Mesopotamia, simboleggia - oltre che lo 'ish tzaddik (l"uomo giusto") - il patriarca d'Oriente e Occidente, colui che detiene la chiave della vera Tradizione universale, e tale chiave - conseguita con l'ascolto della voce di Dio e la contemplazione dei Suoi segni - è la Giustizia (tzedakah). Per i Massoni Noachidi, la ierostoria di Noach veicola l'arcano e in essa sussiste una cifra anteriore anche alle leggende sumeriche, le più antiche riguardo il Diluvio, una cifra che si può definire atlantidea. I B'nei Noach sono tenuti ad adorare il Dio d'Israele, i Massoni Noachidi possono benissimo essere di altre religioni (e perfino considerare la religione di Mosé in parte estranea allo spirito noachide), purché con una visione teista (monoteista o enoteista) ed escatologica, ovvero mirante alla trasfigurazione del cosmo, simboleggiata dall'arcobaleno che appare in cielo dopo il Diluvio. Ed ecco, proprio nella prospettiva escatologica i due Noachismi trovano la concomitanza significativa di cui dicevo all'inizio, perché nella Loggia Noachide si invoca la discesa del'Atteso, si indaga a decifrarNe i segni e si lavora a sostenerNe la Causa.

Michele Moramarco

martedì 1 gennaio 2008

La religione di Zarathushtra e il lignaggio massonico noachide

A proposito di esoterismo massonico e religioni, e della necessità, in una prospettiva tradizionale, di fare riferimento a una via religiosa per poter accedere al cuore dell'Arte muratoria, si è detto nel precedente messaggio che il Noachismo costituisce già in sé un "codice sacro" e una radice religiosa universale idonei a fungere da piedistallo al volo esoterico. Ciò non significa, ovviamente, che il Libero Muratore Noachide non possa aderire a quella tradizione particolare che, meglio rispondendo alla sua coscienza e alle sue idee, gli sembri pure svolgere nel modo più articolato e completo lo spirito delle Leggi Noachidi. La libertà di scelta, dunque, si intreccia col sacro vincolo del Patto. Per quanto mi riguarda, dopo aver fatto riferimento per molti anni al Cristianesimo antitrinitario e universalista (Chiesa Unitariana, Chiesa Universalista), sono risalito, spinto da un invincibile impulso, alla religione di Zarathustra, nella quale sono stato iniziato, mediante il navjote, il 18 ottobre 2003. Per il suo afflato cosmico e soprattutto per il senso di rettitudine e giustizia che la anima, la religione zoroastriana parve già alla Massoneria Inglese del '700 un ambito ricettivo alle istanze dell'Arte (simmetricamente, molti zoroastriani iniziati all'Arte ritengono che essa sia un'opera del Saggio Signore, Ohrmazd, entro mondo giudeo-cristiano, per condurlo alla Luce piena). In una lettera (1735) alla G. L. Provinciale di Calcutta, la Gran Loggia di Londra identificava nei discepoli di Zarathushtra i discendenti di Noach in quelle terre, come tali potenzialmente qualificati a ricevere l'iniziazione massonica. E la conclusione non era peregrina, se è vero come è vero, che la religione col più alto numero percentuale di aderenti alla Libera Muratoria (soprattutto tra gli studiosi e i sacerdoti) è quella zoroastriana. Ma colpisce, del documento citato, il raccordo tra Noachismo e Zoroastrismo. Nella geografia massonica, dunque, Noach rappresenta l'asse da cui si dipartono le dispensazioni religiose entro le quali l'Arte si è maggiormente sviluppata; da una parte quella israelita (successivamente, quella cristana e quella islamica), dall'altra quella zoroastriana. L'alleanza primordiale, in Noach, di Iran e Israele dischiude ampi orizzonti alla vita spirituale e civile dell'umanità.

Michele Moramarco

lunedì 31 dicembre 2007

Il ritorno alla Sorgente

Questo punto di incontro nasce oggi, alla vigilia dell'anno 2008, per raccogliere quei Liberi Muratori di tradizione - ormai pochi, ma presenti in diverse Logge e Comunioni - che hanno rettamente compreso l'Arte e dunque, come scriveva il rev. James Anderson nelle Costituzioni del 1738, si sentono personalmente tenuti "to observe the Moral Law as a True Noachida" ("a osservare la Legge Morale, come un vero Noachide").
La verità basilare è la seguente: nulla si può costruire senza saldo fondamento, dunque non si dà Arte Muratoria senza norma generale vincolante. Ogni raggruppamento massonico, o sedicente tale, che non aderisca rigorosamente a questo assunto, innalzerà edifici friabili o deformi e prima o poi si dissolverà, implodendo (storia ed attualità massoniche lo confermano). Quella norma, esplicitata dal rev. Anderson, ma ancor prima fondata sul Ms. Graham del 1726, è costituita dalla Legge Morale universale compendiata nelle Sette Leggi di Noach. Allontanarsi dalle medesime, sulla base di un preteso antidogmatismo o di particolarismi culturali, vanifica gli scopi e lo stesso potenziale coesivo dell'Arte. I landmarks codificati da vari autori, pur validi per molti aspetti, hanno velato la base noachide della Libera Muratoria.
Ma c'è di più. Come sosteneva Guénon, per accedere alla sfera esoterica, per sviluppare in sé l'intuizione intellettuale e la sapientia cordis, ossia quella conoscenza partecipativa e analogica che parte dalla coscienza simbolica, per conseguire, insomma, l'alta visione, occorre avere l'umiltà del discepolo/discente, e poggiare così su una legge religiosa exoterica; in caso contrario, si rischiano inflazione psichica, falsificazione, allucinazioni e deliri d'onnipotenza. Credo che Guénon avesse parzialmente ragione; da un punto di vista strettamente muratorio, però, le Leggi Noachidi sono necessarie e sufficienti come "codice sacro" fondante la visione alata della Colomba. Esse sono espressione della religione universale, della prisca theologia alla quale si richiamano i Liberi Muratori di tradizione.

Michele Moramarco