martedì 5 febbraio 2008

Dal levar del Sole al suo tramonto...

Mi mitzrach shemesh ad-mebho'o mehullal Shem Adonai...

Ha-shamayim mesap'rim kebhod-El u ma'asé yadav maggid ha-raki'a /
yom le yom yabbi'a 'omer ve laylah le laylah yehabbhe da'at...

I due passi, tratti dai Salmi e presenti nel rituale del Maestro Noachide, invitano alla preghiera assoluta, ossia alla preghiera collocata nell'Eterno (miniaturizzato nel ciclo quotidiano: "dal levar del Sole al suo tramonto sia lodato il Nome di Dio") e nell'Infinito (simbolizzato dagli spazi cosmici: "I cieli narrano la Gloria di Dio e il firmamento proclama l'opera delle Sue mani"). Proiettare l'anelito orante, che manifesta il bisogno umano di Dio, sui quadri dell'Assoluto, equivale in qualche modo a togliergli il carattere di "carenza" che in esso sussiste, a divinizzarlo. E' proprio sulla base di questo processo che nello Zoroastrismo le preghiere (maathra spenta) divengono vere e proprie entità celesti, circolarmente venerate con le preghiere stesse.
Il secondo verso citato dal Salmo 19 (chiamato talora "il salmo degli astronomi") offre poi una splendida visione della Tradizione: "il giorno ne parla al giorno, la notte ne passa conoscenza alla notte". Non solo l'uomo, dunque, trasmette la visione: è l'ethos glorioso tutto a custodirne i nuclei fondanti e a trasferirli oltre, nel domani di Dio, fino alla fine equivalente al principio.


Michele Moramarco

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