domenica 6 aprile 2008

Mandei e Noachismo

Il Mandeismo è una delle "religioni della Luce". Si fonda sulla visione del cosmo come luogo di conflitto tra la Luce (nhura) e le tenebre (hshuka), concepisce Dio come Prima Vita o Padre della Grandezza, dal quale sgorgano entità luminose ('utria, o malkia) e lo Iardna (Giordano) Celeste, una sorta di fluido eterico in cui si bagnano quelle entità per rigenerarsi perennemente. Interpreta la creazione come opera di un demiurgo, Ptahil, che, pur inviato dalla Prima Vita, non riesce a contrastare adeguatamente l'azione corrosiva delle "acque tenebrose". Descrive l'ascesa delle anime liberate attraverso una serie di "sfere" fino al mondo della Prima Vita; proclama suo profeta l'enigmatico Manda d-Hiia, che come bambino di tre anni si presenta a Giovanni Battista (a sua volta proto-profeta della comunità) per essere battezzato, suscitando splendore e meraviglia in tutto l'universo all'atto dell'immersione; predica la gnosi divina - intesa come consapevolezza dell'origine/dstino dell'uomo - e la purificazione costante come mezzi di risalita al Cielo. E' un peccato che una fede così alta negli assunti presenti poi delle scorie oscure, ad esempio gli attacchi alla figura di Gesù come falso messia (identificato addirittura con Nebo/Mercurio), in parte spiegabili come una reazione difensiva all'aggressività proselitistica della Chiesa, e l'inclusione nei rituali di sacrifici animali, evidentemente ereditati da tradizioni preesistenti e incongrui con lo spirito profondo del Mandeismo, che è nostalgia del candido Cielo. Ma, si sa, il male si insinua anche nelle idee più nobili.
La comunità mandea originaria della Mesopotamia, conta oggi poche migliaia di anime, che vivono soprattutto nell'area di Bassora, Iraq meridionale; il rischio di estinzione, aggravato dalle tragiche vicende recenti di quell'area geopolitica, è notevole. Vi è tuttavia una speranza di ripresa nelle attività della diaspora, presente in vari paesi.
Nel 18 libro del Ginza ("Tesoro"), il testo sacro mandeo. è trasmessa - con alcune varianti antropologiche rispetto alla vesione biblica, e perfino con divagazioni astrologiche - la saga diluviana. Nu (Noach) vi appare come padre di Shum (Shem), puro capostipite dei Mandei.
Ma la fenomenologia dei rapporti tra Mandei e Noachidi non si ferma qui. Anzi, l'elemento comune più marcato non sta tanto nell'ascendenza mitica, quanto nella "battesimalità": i Mandei praticano con alta frequenza il mashbuta, l'immersione in un corso d'acqua che mira a riprodurre quella degli 'utria nel Giordano Celeste. Ora, è evidente che il rivivere ritualmente da parte dei Maestri Noachidi la vicenda diluviana ha una valenza analoga, la determinazione di un processo di rigenerazione costante (nel tempo) e perenne (oltre il tempo). E una comunanza è attestata anche nell'esito del percorso: se i Noachidi intonano il cantico dell'Arcobaleno per ri/evocare la vittoria divina sulle forze del male simboleggiata dal Sigillo di Luce, tra i Mandei è diffusa questa preghiera, che celebra la Sovranità della Luce":

Lode al Signore dei Re (Angeli).
Nulla sarebbe se Egli non fosse.
Egli non è legato da morte
e distruzione nulla significa per Lui.
La Sua Luce illumina i mondi.
La Sua Gloria non ha limite.
Egli è ricolmo di Vita e
Verità,
di Grazia e di Saggezza.
La Sua Luce è inestinguibile,
in Lui non è mancanza,
Egli è Dolcezza in cui non è amarezza.
Il Sublime è sicuro nella Sua Dimora
e tutto sovrasta, come il cielo le montagne,
come il Sole una lucerna Egli oltrepassa ogni splendore.
(Ginza R., 1,5 e ss.)

Michele Moramarco

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